IL TOCCO DEL MAESTRO (pag. 1 di 1)
TUTTO DA SOLO ...CON FRANCINE
DALL'ISPIRAZIONE AL DISEGNO Primo passo: trovare l'idea per la storia. Volete sapere come poteva accadere ? Date un occhiata a questa pagina, ma comunque, sentite anche cosa ha detto lo stesso Jean, in un intervista per il giornale "[dBD]", riguardo la sua vena creativa: «Mi è sempre piaciuto raccontare delle storie. Anche quando lavoravo ai cantieri navali, raccontavo ai miei amici il film del week-end ....che non avevo mai visto ! (ridendo). Eppure non posso dire che sono stati i miei genitori a spingermi in quella direzione ...ce l'avevo già dentro di me !» , e ancora: «Non ho mai conosciuto momenti di impasse scrivendo le storie di Michel Vaillant. Quando rileggo i miei album, mi dico che ho fatto un buon lavoro (ridendo)» . Una volta trovato il tema e la trama, il maestro si documenta con meticolosità e si procura il materiale per i disegni. Internet ovviamente non esiste, la televisione è solo ai primi passi, così Jean legge le riviste automobilistiche specializzate ...
Una foto tratta dalla rivista Auto-journal
...e l'immagine che Graton ne ha ricavato per l'album "Rush" ( "Il terribile raid" - "Rush")
... e, sopratutto, si reca personalmente sui posti dell'azione (mitico il suo viaggio, per tre giorni e per tre notti a bordo di un Tir a fianco di un vero camionista, per la creazione di "Route de nuit" ("Operazione Jaguar" - "Strada di notte").
Jean Graton si fa spiegare le caratteristiche di una moto della Polizia Stradale francese durante il suo viaggio di documentazione fatto nel 1960 per la creazione di "Route de nuit" ("Operazione Jaguar" - "Strada di notte") (foto tratta da un articolo apparso su Tintin nel 1963)
Nulla fermava Jean e la sua macchina fotografica... Jean Graton mentre si documenta osservando il lavoro dei meccanici
Jean Graton e Alain Prost
A sinistra una foto scattata da Jean Graton a Milano nel 1968, mentre si recava a Monza per reperire il materiale utile alla realizzazione di "De l'huile sur la piste" ("Brivido a Monza"). A destra la vignetta che ne ha ricavato.
La tavola per una copertina di Tintin (con la storia "Mach 1 pour Steve Warson" - "Il muro del suono") e la quotatura in basso
I FERRI DEL MESTIERE (PARTE PRIMA) Jean Graton disegna tutte le tavole con il portamine (la leggenda dice che userà lo stesso per tutta la sua carriera !).
Ovviamente, per la realizzazione dei suoi dettagliatissimi disegni, si serve anche di alcuni supporti tecnici, come squadretti, curvilinei, cerchiometri, ecc., ed anche di un proiettore di lucidi e fotografie (che potete notare sullo sfondo nella fotografia che lo vede nello studio di casa sua, più sotto).
La scatola con i principali attrezzi originali del maestro Jean Graton
Nulla, comunque, può sostituire la sua "magica" mano.... A questo proposito, tanto per capirci, non dobbiamo dimenticare che, in oltre quaranta anni, non è mai stato costretto a dover rifare daccapo nemmeno uno solo dei suoi disegni !!! (Come ha testimoniato il maestro Graton con un certo orgoglio).
JEAN E LA LINEA CHIARA A questo punto il maestro disegna la storia, con il suo stile realistico, meticoloso, particolareggiato, dal ritmo e dalle "inquadrature" simili a quelle di un film. Ma facciamo un piccolo inciso: Jean Graton è considerato uno degli esponenti della "ligne claire" (la "linea chiara"), la corrente stilistica iniziata da Herge e Jacobs e che ha contraddistinto, al suo inizio, la scuola di disegnatori che negli anni sessanta hanno lavorato a Bruxelles. Sentite qual'è la sua testimonianza a riguardo: «Noi facevamo la "ligne claire" senza saperlo, perché questa espressione non esisteva. Io credo, semplicemente, che noi disegnavamo i tratti principali senza aggiungere le ombre o i tratteggi che appesantiscono un'immagine. La forza del disegno veniva dalla sua chiarezza, da una scena ampia ed in tinte spesso pastello per attirare lo sguardo sul personaggio principale ».
Jean al lavoro nello studio al terzo piano di casa sua
JEAN, IL DINAMISMO E LA COLONNA SONORA NEI FUMETTI
I FERRI DEL MESTIERE (PARTE SECONDA ) Quando giudica il risultato sufficientemente efficace, Graton passa all'inchiostrazione a china. Inizia dal lettering. Scrive i testi in lingua originale, ovviamente francese, negli spazi delle "nuvolette" (o fumetti se preferite) e delle didascalie utilizzando il graphos (una sorta di penna, con i pennini intercambiabili di varie forme e spessori, usata negli anni '60, principalmente dai disegnatori tecnici, prima della diffusione del rapidograph), poi, con lo stesso strumento, traccia i contorni delle nuvolette e delle didascalie nei quali ha scritto i testi stessi.
una scatola con il Graphos e vari pennini
E' a questo punto che Graton esegue l'inchiostrazione dei disegni. Per questa operazione il maestro usa la china ed i pennelli (Stanley & Newton secondo il catalogo Arcturial, Winsor & Newton n.4 secondo la rivista Super AS). L'inchiostrazione a pennello è una tecnica per la quale ci vuole una particolare perizia ed abilità. Una volta acquisita (e chi meglio del maestro può dire di averla padroneggiata ...) dà al tratto nero un volume ed una morbidezza del tutto particolari.
pennelli e china
Il maestro in una delle sue ultime foto al tavolo da lavoro nel vecchio studio al 3° piano di casa sua, al numero 55 di Avenue du Pérou a Bruxelles.
La tavola ripassata a china e pulita del tratto a matita
DAL COLORE ALLA STAMPA A questo punto Jean porta le tavole all'editore (all'epoca Lombard) il quale provvede a farle fotografare. Da ogni tavola si ricava un film negativo ridotto alle dimensioni della pubblicazione finale. Da questo film negativo, per mezzo di maschere, sono ricavati due film positivi : uno con il solo tratto del disegno ed uno con il solo testo (quest'ultimo verrà anche realizzato nelle altre lingue nelle quali l'album sarà tradotto).
il film negativo il film positivo senza il testo
Il film positivo con il tratto del disegno serve inizialmente a stampare un bleu de coloriage (tradotto testualmente: un "azzurro di colorazione"), ovvero un foglio da disegno piuttosto spesso, delle dimensioni reali della pubblicazione, sul quale il tratto del disegno è stato stampato con un colore azzurro molto leggero. Questa pagina servirà per la colorazione delle vignette della tavola che verrà fatta a "gouache". Il "gouache" (o "guazzo" in italiano) è un tipo di colore a tempera reso più pesante ed opaco con l'aggiunta di un pigmento bianco (per esempio biacca o gesso) in una miscela con la gomma arabica. E' Francine, la moglie di Jean, ad occuparsene. I colori riempiono gli spazi e coprono anche il tratto azzurro. E' soltanto sovrapponendo il film positivo con il disegno che Francine può verificare la precisione del suo intervento di colorazione nelle varie vignette.
Il "bleu de coloriage" con la colorazione finita
Queste tavole con i colori vengono quindi, a loro volta, fotografate in "selezione di colore". Mediante l'impiego di una serie di filtri se ne ricavano i quattro film che compongono la quadricromia: un film con il blu, uno con il rosso, uno con il giallo ed uno con il nero. (ovvero CMYK : cyan, magenta, yellow, black). Prima di diventare una vera e propria corrente stilistica (come avete letto all'inizio), nel fumetto la "ligne claire" (la "linea chiara") è una vera e propria tecnica di stampa. La sua particolarità viene ottenuta sbarazzandosi di uno dei quattro film di colorazione ottenuto dalla selezione dei colori: quello con il nero. Per la stampa vengono così usati solo i film blu, rosso e giallo, oltre, ovviamente, al film con il disegno che è il solo a contenere il colore nero. In questo modo si ottiene una stampa molto viva, con i colori brillanti e con il solo nero del tratto dell'autore.
La tavola finale stampata
Il risultato finale lo abbiamo davanti agli occhi ogni volta che tiriamo fuori dalla libreria la vecchia, consumata, preziosa copia de "Il pilota senza volto" (o "La grande sfida", o.....) e, sfogliandola, ne rimaniamo affascinati e rapiti come quando eravamo bambini... Per concludere questo omaggio all'arte ed alla tecnica di lavoro del maestro, ecco una sua testimonianza fatta ai tempi in cui aveva preso la decisione di "appendere la matita al chiodo". Si tratta di una breve frase che riassume il suo spirito e il desiderio di voler quasi "smitizzare" la sua grande carriera. : «Ho scoperto, di colpo, di aver realizzato una sessantina di album in quaranta anni. Non me ne ero reso conto... Ho amato il mio mestiere ed avevo delle storie da raccontare, allora l'ho fatto.» ... semplice no ?
(fonti: " [dBD]", "Option Auto", "Michel Vaillant-L'intégrale", Catalogo Artcurial "Le meilleur de Michel Vaillant", "Super AS")
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